Dal saper come fare al saper cosa fare
DALMARCHIO DI FABBRICAAL MADE IN ITALY
Dietro la nascita del Micam, oltre all’evoluzione del quadro competitivo nazionale ed internazionale, vi è l’attivismo di alcuni imprendi tori calzaturieri, capeggiati dal vigevanese Ottorino Bossi. Quest’ultimo, su mandato di un gruppo di industriali calzaturieri italiani e della Pro-loco di Vigevano, organizza il trasferimento da Vigevano a Milano dell’esposizione e ne assume la presidenza. La specificità del Micam è già evidente nella compo sizione dei suoi organismi direttivi. Ottorino Bossi è supportato da due Vice Presidenti, Giuliano Saibene, imprenditore calzaturiero, e Cesare Bertolaja, produttore di forme, e da quattro consiglieri che completano la rappresentan za delle diverse anime del Micam. In particolare: Arturo Ballini è direttore di una conceria, Isaia Galli è un imprenditore calzaturiero, Pietro Torielli Jr. è l’imprenditore meccano-calzaturiero e, infine, Giampiero Muggiani è il titola re di riviste specializzate del settore. Il riscontro della correttezza della scelta di Milano è offerta ai numeri: fra il 1969 ed il 1972 il numero degli espositori passa da 538 a 1.354, e la super ficie da quasi 15mila metri quadrati sale ad oltre 30mila. La crescita del Micam, oltre al suo successo, ripropone con maggior urgenza l’esigenza di superare i limiti delle fiere universali al fine di meglio rispondere alla tempistica impo sta dal ciclo del prodotto. I risultati del sondaggio condotto fra 600 espositori del Micam del 1971 non lasciano molti dubbi. Invitati ad indicare la preferen za fra mantenere i diversi comparti settoriali all’interno di un’unica mostra o, viceversa, dividere il Micam in due manifestazioni separate rivolte all’indu stria calzaturiera l’una, ed alle industrie a monte l’altra, ben 400 espositori si dicono favorevoli alla soluzione che prevede mostre separate 10 . Per l’industria meccano-calzaturiera il rilievo che la “ coabitazione con il prodotto finito non funzioni più” 11 rappresenta il naturale portato della cre scita del comparto industriale e del contestuale sviluppo dello spirito asso ciativo sopra richiamato. Nel 1972 il dibattito sull’assetto fieristico per le industrie della filiera calzaturiera raggiunge uno dei suoi punti più alti. Il tentativo di razionalizzare il quadro delle esposizioni deve infatti armonizzare interessi diversi e, per certi versi, antitetici. Da un lato, fra le imprese dei settori industriali più con solidati cresce la spinta a favore di manifestazioni mirate e la contestuale opposizione alle fiere generaliste che comportano la dispersione delle risor se. Dall’altro lato le organizzazioni fieristiche temono che la ridistribuzione
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