Dal saper come fare al saper cosa fare

Capitolo quarto

La trasformazione delle competenze: dal “saper come fare” al “saper cosa fare” “Nel dopoguerra la mia famiglia abitava in una casa sul cui cortile si affacciava l’offi cina che Luigi Zorzolo aveva da poco aperto. Volendo sfruttare il tempo lasciato libero dagli studi al Roncalli, mi offersi come “ragazzo di bottega”. Zorzolo prima di accet tarmi mi chiese di leggere il disegno di un pezzo meccanico.” Così Giuseppe Molina descrive uno dei primi incontri con l’attività meccano-calzaturiera. In termini simili, sia per motivazioni che per modalità, Antonio Capuano ricorda il suo primo apprendistato quando, indotto dalla madre, si propone a Felice Minola per fare esperienza durante le vacanze scolastiche: “Mi fece fare un esame di disegno e mi prese.” I ricordi di Capuano e di Molina acquistano a posteriori un significato particolare. Mentre ancora e per molto tempo si enfatizzerà l’abilità manuale dei meccanici e si vanterà la loro capacità di fare –o, meglio, rifare– macchine nuove e ricambi lavorando “su campione”, inizia a farsi strada l’idea che la dimensione della manutenzione meccanica o dell’attività artigianale possa essere superata. Il riferimento alla verifica delle capacità di interpretare un disegno tecnico acquista un rilievo particolare perché evidenzia la consapevolezza del bisogno di nuove competenze. Il superamento della dimensione artigianale, già compiuto da imprese come la Ferrari, può essere realizzato anche da gran parte delle officine meccaniche a condizione di acquisire nuove capacità che non sono più, o non solamente, di tipo manuale, ma in forma sempre più accentuata tendono ad identificarsi con l‘astrazione e, più in generale, con l’attività intellettuale. L’attenzione al disegno sottolinea il passaggio allo svi luppo della fase progettuale quale reale fattore competitivo capace di con sentire con l’affermazione di macchine nuove il passaggio da officina mecca nica ad impresa meccano-calzaturiera. Le nuove leve imprenditoriali dispongono nella gran maggioranza di una formazione tecnica ottenuta con gli studi presso il Roncalli –è il caso di Giuseppe Molina, Carlo Bianchi, Attilio Cotta, Carlo Cacciola, Celeste Cucchetti, Mario Angeleri, Giovan Battista Colli Franzone, Terenzio Guatteo, Carlo Besser, Carlo Allevi, Lorenzo Gaia, Francesco Folcina, ecc.– o negli isti tuti tecnici di Milano, come nel caso diAntonio Capuano che frequenta l’Etto re Conti, o, nuovamente, di Molina e Bianchi che si diplomano al Feltrinelli. Anche alla diversa formazione dei nuovi imprenditori può essere

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