ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale

via Americhe , p. 143. A conferma della crescente leadership nel settore calzaturiero di quelli che un tempo erano detti paesi in via di sviluppo basta considerare il fatto che la Cina ha prodotto nel 2009 più di 10 miliardi di paia di scarpe pari a più del 65% del prodotto mondiale, cfr. G. Gaia, Leadership italiana e mercato cinese: il comparto meccano-calzaturiero , in Cina e oltre. Piccola e media impresa tra internazionalizzazione e innovazione , cit., p. 207. 27. Cfr. G.C. Cainarca, Dal saper come fare al saper cosa fare. La storia dell’industria italiana delle macchine per calzature 1900-1983 , cit., p. 106. Vale notare che a supporto di tale affermazione Cainarca, riporta la testimonianza, accanto a quella di altri imprenditori, di Lorenzo Gaia, socio fondatore di Atom. 28. Vale ricordare che la propensione verso i mercati esteri segnò l’attività della Ferrari anche nell’im mediato dopoguerra: ancora per il 1947, i dati delle esportazioni verso il mercato internazionale sono quanto mai significativi. In un opuscolo che ne illustrava la produzione, si leggeva che l’impresa aveva venduto “nel mondo oltre 300 macchine per cucire suole a punto scoperto ‘rapid’, e più di 200 montatrici”, cfr. G.C. Cainarca, Dal saper come fare al saper cosa fare. La storia dell’industria italiana delle macchine per calzature 1900-1983 , cit., p. 128. 29. Questi valori, riguardanti il 1958, sono riportati da Cainarca che elenca anche quelli del quin quennio successivo: vale notare che negli anni 1961-1962 le importazioni negli Stati Uniti di macchine per calzature raddoppiarono raggiungendo il valore di 4,4 milioni di dollari nel 1961 e addirittura 5,2 milioni di dollari per il 1962, cfr. G.C. Cainarca, Dal saper come fare al saper cosa fare. La storia dell’industria italiana delle macchine per calzature 1900-1983 , cit., pp. 135-136. 30. Ivi, p. 138. Resta senz’altro da notare che la presenza di Atom negli Stati Uniti venne a realiz zarsi poco dopo che un’indagine condotta dall’ice aveva dato conto delle difficoltà che le imprese meccano-calzaturiere italiane incontravano su quel mercato, vuoi perché i nostri imprenditori non amavano concedere le proprie macchine in prova né accettare quelle forme di leasing che l’acqui rente americano percepiva invece come abituali, vuoi perché il loro prodotto non era omologato alle specifiche tecniche vigenti in quel paese né era in grado, molte volte, di reggere intense accelerazioni nel ritmo di produzione come invece era richiesto, cfr. Istituto Nazionale per il Commercio Estero, Il mercato delle macchine per calzatura negli Stati Uniti d’America , Quaderno 248, 1965. A questo studio dedicò attenzione Andrea Baronchelli dell’ice nella relazione presentata al “Simposio sui problemi calzaturieri”, che si tenne a Vigevano il 10 giugno 1967 sotto l’egida della Camera di Commercio di Pavia, in cui, per il vero, delineava prospettive più favorevoli. A sollecitare i produttori vigevanesi a prendere in seria considerazione il mercato americano, Baronchelli riportava la testimonianza di un imporenditore calzaturiero di New Orleans, il quale riteneva che, “malgrado la vecchia tradizione di cui gode la produzione tedesca, le macchine per calzaturifici italiane hanno notevoli possibilità di una maggior affermazione sul mercato anche in relazione al prestigio di cui gode la nostra pro duzione calzaturiera”. A conferma di tali considerazioni Baronchelli ricordava che tra il 1964 e il 1965 l’importazione negli Stati Uniti di macchine italiane per calzatura era aumentata del 134%, passando da $ 139.631 a $ 335.656, e addirittura a incipit del suo testo affermava che “Per effetto del sorprendente aumento delle vendite all’estero di calzature si è sviluppata, in questi ultimi anni, la produzione italiana dei relativi macchinari e accessori”, cfr. A Baronchelli, Analisi della esportazione italiana di macchinari per calzaturifici ed accessori su alcuni mercati. Iniziative di promotion, in atti del Simposio sui problemi calzaturieri , cit., p. 55 e 49. 31. Nel 1970 Atom raggiunse il totale di oltre 7.500 unità vendute dall’inizio dell’attività. Per il vero, G.C. Cainarca, Dal saper come fare al saper cosa fare. La storia dell’industria italiana delle macchine per calzature 1900-1983 , cit., pp. 136-137, riporta come negli anni 1968, 1969 e 1970 – gli anni in cui Atom avviò la propria azione verso gli usa – quello statunitense figurasse come terzo più importante mercato di destinazione per l’esportazione delle macchine italiane, ivi, p. 142. 32. La Fipi è stata poi incorporata in Atom il 14 ottobre 1999. 33. Per una ricostruzione generale di tale scelta si veda M. Bellandi, “Terza Italia” e “distretti indu striali” , in Storia d’ Italia. Annali 15. L’industria , cit., p. 845, e ancora in V. Castronovo, Storia economica

atom: da vigevano al mondo

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