ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale

e nel primo dopoguerra, quando le macchine tedesche non erano più disponibili, e se da un lato avrebbe potuto per così dire bloccare, nella ripetitività dei modelli prodotti, lo sviluppo di un’originale innovazione tecnologica da parte delle imprese italiane, dall’altro costituì, per così dire, il necessario affinamento delle capacità tecniche dei “meccanici” italiani. 12. Va ricordato, infatti, che proprio nei primi due decenni del dopoguerra si realizzò il completa mento del processo di formazione del mercato nazionale di alcuni importanti settori, come quello delle calzature, trasformazione in cui l’industria calzaturiera vigevanese raggiunse la sua massima espansione, cfr. S. Brusco, S. Paba, Per una storia dei distretti industriali italiani dal secondo dopo guerra agli anni novanta , in Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra a oggi , a cura di F. Barca, Donzelli, Roma 1997. Per il vero, come sottolinea R. Virtuani, Il settore macchine per calzature , in Il sistema economico della Lomellina. Una ricerca e un convegno , cit., pp. 20-21, “lo sviluppo del settore macchine è stato favorito e trascinato da un tasso di crescita della domanda interna molto elevato. Sul mercato interno la domanda è stata sostenuta, in una prima fase, dallo sviluppo dell’indiustria calzaturiera nazionale, sia nel numero di imprese che nella crescita quantitativa della produzione di scarpe, in una seconda fase dal processo di rinnovo e modernizzazione degli impianti”. 13. Si realizzava, in questo modo, all’interno dell’atmosfera economica del distretto, quella specializ zazione per diversificazione verticale lungo la filiera, ricordata in S. Brusco, S. Paba, Per una storia dei distretti industriali italiani dal secondo dopoguerra agli anni novanta , in Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra a oggi , cit., p. 275, della quale, anzi, Vigevano resta caso esemplare. Che, poi, tale di versificazione sia caratterizzata dall’emergenza di competenze meccaniche rientra, invece, in quegli “elementi di regolarità” che hanno segnato “il percorso dei distretti in questi ultimi quarant’anni”, ivi, p. 304. Così, anche in tale diversificazione verticale trova conferma la puntuale considerazione con cui Sergio Anselmi chiudeva, per così dire, le sue riflessioni su L’industria calzaturiera nella recente crescita delle Marche. Ipotesi storiografiche, problemi, linee di sviluppo : “Nulla, nella vita degli uomini e delle città, soprattutto se ha peso specifico e significatività relativa, può nascere per improvvisate circostanze costruite senza background ”, cfr. L’industria calzaturiera marchigiana. Dalla manifattura alla fabbrica , a cura di S. Anselmi, Unione industriali del Fermano, Ostra Vetere 1989, p. 37. 14. L. Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano , cit., p. 331. L’importanza che nella Mostra della cal zatura veniva ad assume la presenza del comparto meccano-calzaturiero per il vero trovava larga eco nelle pagine del settimanale locale. Nel numero edito il 21 settembre 1961 si legge infatti: “l’e sposizione di macchine da sola potrebbe tenere in piedi la mostra. Alla complessità e all’alto costo delle macchine straniere i vigevanesi hanno intelligentemente opposto le loro in cui l’inventiva e il potere di semplificazione degli italiani hanno sempre trovato largo campo di semplificazione”, cfr. “L’informatore vigevanese”, 21 settembre 1961, p. 1. Ancora in occasione della cronaca del xxx Salone della calzatura – tenutosi nel 1966 e inaugurato dal ministro dell’ Industria, onorevole Giulio Andreotti – contando la presenza di ben 26.000 operatori economici, il settimanale ricordava che era stata “molto apprezzata, soprattutto dagli stranieri, l’imponenza del padiglione della meccanica”, cfr. “L’informatore vigevanese”, 8 settembre 1966, p. 3. Vale tuttavia notare come, nonostante tali positivi riscontri, ancora nel “Simposio sui problemi calzaturieri”, che si tenne a Vigevano il 10 giugno 1967, un imprenditore vigevanese, Francesco Boffino, riconoscesse che il settore meccano-calzaturiero era vissuto, fino ad allora, “un poco all’ombra dell’industria calzaturiera”; lodava, anzi, la Camera di Commercio di Pavia perché, proprio grazie a quell’incontro, era stata avviata “per la prima volta una discussione sull’argomento specifico delle macchine per calzaturificio”, cfr. gli Atti del Simposio sui problemi calzaturieri , Vigevano 10 giugno 1967, Camera di Commercio di Pavia, Pavia 1967, p. 75. Quasi quindici anni dopo, però, sulla scorta dei dati forniti dal censimento del 1981, Biscossa poteva sottolineare il primato ormai raggiunto, su scala nazionale, dalla produzione meccano-calzaturiera vigevanese: “Anche in questo settore la città raggiunse il primo posto, a livello italiano, sia per il nu mero delle aziende in essa presenti (il 90% del totale nazionale) che per il contributo all’esportazione (anch’essa intorno al 90%) vantando una tecnologia d’avanguardia che anticipava, persino, le esigenze potenziali del calzaturiero”, cfr. S. Biscossa, Storia dell’industrializzazione a Vigevano (1743-1985).

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