ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
[della Val Gobbia] ma è legge generale che si stacchino presto dall’industria dove lavorano e mettano presto su un’officina. È una continua rotazione, chi sale e diventa padrone, chi ritorna operaio”, cfr. G. Piovene, Viaggio in Italia , Bompiani, Milano 1957, p. 123. Tale fenomeno, a Vigevano, interessò sia il settore calzaturiero (cfr. M. Possa, L’area calzaturiera di Vigevano , in I distretti industriali: crisi o evoluzione? , cit., e ancora S. Marino, Azione individuale e collettiva a Vigevano per uscire dalla crisi: un rinnovamento solo a metà? , in Distretti e strategie di uscita dalla crisi. Attori e istituzioni nei processi di policy-making, cit., p. 71) sia il settore meccano-calzaturiero, cfr. da ultimo A. Mutti e M. Rostan, Le catene di fiducia particolaristica nel distretto delle macchine per calzature di Vigevano , in “Rassegna Italiana di Sociologia”, xlvi, 2005, p. 45, ma si vedano anche M. Possa, L’area-sistema di Vigevano , in I distretti industriali: crisi o evoluzione? , cit., e G. Bravo, E. Merlo, Sviluppo e crisi del distretto di Vigevano , cit., pp. 84-85 e 90, saggio in cui si sottolinea come, dopo la crisi che negli anni Ottanta colpì il settore calzaturiero, molti imprenditori passarono al meccano-calzaturiero. In generale, la gemmazione di imprese viene osservata nell’area lombarda da G. Consonni, G. Tonon, La terra degli ossimori. Caratteri del territorio e del paesaggio della Lombardia contemporanea , in Storia d’ Italia dall’Unità a oggi. La Lombardia , cit., § 7. Fabbriche semenzai di fabbriche . Vale notare che, più in generale, per descrivere tale fenomeno A. Colli, I volti di Proteo. Storia della piccola impresa in Italia nel Novecento , cit., ricorre al termine “mitosi” desunto dalla biologia, pp. 247-252. 8. “Io ho dato sempre e soltanto al lavoro, e quindi ho trascurato qualunque altra cosa pur di essere sempre e completamente per il lavoro. [...] io non ho mai perso un quarto d’ora, mai una mezza gior nata, non ho mai perso per nessun motivo”, così affermava un imprenditore nell’intervista concessa a D. Velo, Economia e società nella Vigevano di Mastronardi , in Per Mastronardi , cit., p. 97. E vale altresì sottolineare che il medesimo imprenditore alla domanda: “Secondo lei, quali sono le qualità ideali di un imprenditore?”, rispondeva rimarcando, non a caso, “lo spirito di sacrificio”: “Spirito di sacrificio, capacità, spirito di sacrificio, volontà, capacità e accortezza”, ivi, p. 94. Né diverso è il tono usato da un altro imprenditore vigevanese sempre intervistato da Velo il 1° aprile 1968: “Mio padre era direttore forse dell’unico calzaturificio che c’era a Vigevano allora ... 1904. Lo chiamavano direttore ma era un capo operaio, insomma. E a un certo momento ha sentito la necessità di rendersi indipendente, e lavorando notte e giorno, poco per volta ha creato un’industria; naturalmente facendo dei sacrifici che la nostra generazione non si immagina neanche”, ivi, p. 98. 9. Per il vero, la rappresentazione letteraria del mondo imprenditoriale vigevanese imbastita da Mastronardi conferma un orizzonte di vita senza riposo, scandito dai tempi di una produzione casa linga: “Luisa tagliava tomere, orlava, incollava i sottopiedi, e Mario montava e finiva. Delle tre dozzine per sera ne facevano, di media [...]. Luisa si adattò a quella vita. Nemmeno per lei ci furono più feste; tempo. Queste erano le giornate di maggior fatica che alle cinque ore l’uomo la scrollava: svigiat! E fino a notte, giù delle belle ciccasse e alé”, cfr. L. Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano , cit., p. 215. 10. Gli anni dell’immediato dopoguerra furono assai difficili per l’industria calzaturiera vigevanese, non foss’altro perché l’energia elettrica veniva razionata dalle società che ne detenevano il controllo (nella zona di Vigevano agiva la Ovest Ticino), rendendo incerta e intermittente la produzione che si svolgeva nelle fabbriche, così che il giornale locale il 21 febbraio 1947 titolava “In rovina le industrie del nord Italia”, mentre nel successivo mese di marzo veniva ad avanzare la richiesta di misure urgenti a sostegno dell’industria calzaturiera che era stata posta in una situazione di estrema difficoltà a motivo dei problemi energetici. Tuttavia, con la riapertura a Vigevano della Mostra presso il Palazzo Esposizioni, in zona Fiera, veniva ribadita la rilevanza che la città continuava a ricoprire nel comparto calzaturiero nazionale. Non a caso, il 5 agosto 1948 il settimanale locale, “L’informatore vigevanese”, riportava la notizia che “la produzione calzaturiera a Vigevano copre un terzo del fabbisogno nazionale”. 11. Sul “plagio” operato dai costruttori vigevanesi nei confronti delle macchine tedesche, e sulla diatriba che si sviluppò nel corso del 1952 sulle pagine della stampa specializzata, cfr. le importanti osservazioni di G.C. Cainarca, Dal saper come fare al saper cosa fare. La storia dell’industria italiana delle macchine per calzature 1900-1983 , cit., cap. iv, L’industria italiana delle macchine per calzatura nel dopoguerra , pp. 102-106. Di certo il “plagio” si mostrò espediente necessario durante la guerra
atom: da vigevano al mondo
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