ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
incontro tra quanto la domanda nazionale e internazionale di macchine per calzatura richiedeva e quanto un sistema locale come quello vigevanese sapeva produrre e offrire efficacemente al mercato: macchine tecnologicamente valide ma non sofisticate (e perciò affidabili), con un prezzo competitivo, in molti casi personalizzate secondo le specifiche esigenze del cliente. Del resto, quando nell’ottobre 1948, dopo gli anni del conflitto e della prima ricostruzione, venne riaperta la Mostra Mercato nazionale delle calzature con “stand fatti alla scientifica, che anche il colore delle sedie era studiato apposta, e tutto sistemato da arredatori, tecnici della reclame; c’erano sin le sfilate dei modelli, marchio depositato”, Mastronardi ricorda anche che c’era un capannone tutto pieno di meccanica, tanto che si diceva se questa è la mostra delle scarpe o della meccanica. Certi macchinari che bastava taccare la spina, di qui si mette la pelle, si dice a, e la scarpa salta fuori dall’altra parte. Una volta sivano di catanai [ roba vecchia, ferraglia, ], ma adesso, caro noi, g’han mai niente 14 . Per il vero, la pagina di Mastronardi resta per molti versi significativa, non solo perché dà conto, appunto, dell’importanza e della visibilità raggiunta, già a pochi anni dalla fine del conflitto, dalle imprese meccano-calzaturiere vige vanesi 15 , ma perché sottolinea l’affidabilità dei loro prodotti, caratteristica che ne costituirà ben presto la carta vincente sui mercati internazionali 16 . Certo, il brano di Mastronardi interpretava anche una speranza dell’im prenditore calzaturiero, ovvero una macchina che sapesse sintetizzare in sé, in una sorta di continua catena di montaggio 17 , tutti i distinti processi della produzione della scarpa, quasi una sorta di “macchina ideale” che necessitasse solo di dati input (la pelle) per ottenere l’ output desiderato (la scarpa). Per il vero, con l’avvento dell’automazione e della informatizzazione l’immagine che Mastronardi aveva ritagliato dalla sua fantasia alla fine degli anni Cinquanta sta diventando, pur con i dovuti distinguo, sempre più realtà. In effetti, la specializzazione produttiva orizzontale – riconosciuta, per altro, sin dall’Antichità – 18 costituiva la specifica architettura territoriale del distretto meccano-calzaturiero vigevanese, in cui, peraltro, poche imprese raggiunsero, anche negli anni del boom economico, un dimensionamento superiore a 50 addetti, confermandone in questo modo una peculiare silhouette occupazionale caratterizzata soprattutto da piccoli insediamenti produttivi che non raggiun gevano tale soglia 19 . Torniamo, tuttavia, ad Atom e alla sua biografia. Inizialmente è al settore della scarpa in gomma, meglio alle vulcanizzatrici, che Atom rivolse la propria produzione. Era un segmento, quello delle vulcanizzatrici, su cui a Vigevano, già da prima della guerra, l’azienda di Antonio Ferrari aveva allargato il proprio cata-
atom: da vigevano al mondo
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