ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
4. Cfr. G. Sapelli, Storia economica dell’età contemporanea , cit., cap. 6. Se per un raffronto con la situazione vigevanese si ponesse attenzione al contesto storico marchigiano del secondo dopoguerra, rilevante anch’esso per lo sviluppo del settore calzaturiero, pure in questo caso il profilo sociologico dei primi imprenditori non muterebbe di molto: “I protagonisti di questa prima fase di questo grande processo di trasformazione sono generalmente imprenditori di estrazione sociale modesta. Come in altre aree dell’ Italia centro-settentrionale, il percorso che si realizza più di frequente ha inizio con l’apertura di un laboratorio che poi gradualmente si trasforma in fabbrica”, cfr. M. Moroni, L’impren ditoria marchigiana nella seconda metà del Novecento , in Imprenditorialità e sviluppo economico. Il caso italiano (secc. xiii-xx) , Società Italiana degli Storici Economici – Università Bocconi, 14-15 novembre 2008, a cura di F. Amatori e A. Colli, Egea, Milano 2009, p. 112. Nella peculiare congiuntura evocata da Sapelli e da Moroni, e facendo riferimento a un concetto elaborato dalla ricerca scientifica sui caratteri della Rivoluzione industriale, si potrebbe osservare che i tre fondatori di Atom sono stati espressione di quella “industrious disposition” o “industrious Revolution” – come “new aspirations, and new forms of behavior” – in cui, secondo un grande storico come Jan De Vries, si è inserita la Rivoluzione industriale, cfr. J. De Vries, The Industrial Revolution and the Industrious Revolution , in “The Journal of Economic History”, 54, 1994, p. 262. Per il vero, di “rivoluzione industriosa” proprio per connotare i comportamenti imprenditoriali di attori del settore a valle del meccano-calzaturiero, nella fattispecie quelli perseguiti dai produttori calzaturieri marchigiani negli anni Cinquanta, scrive anche P. Sabbattucci Severini, Il distretto calzaturiero marchigiano (1910-1960) , in Comunità d’imprese. Sistemi locali in Italia tra Ottocento e Novecento , a cura di F. Amatori e A. Colli, il Mulino, Bologna 2001, pp. 402-403 e 411. Del resto, Giacomo Beccattini sottolinea come “l’innesco” del miracolo economico sia stato determinato dal senso di disagio sociale e di “spreco della propria intelligenza” condiviso da molti lavoratori dipendenti, cfr. G. Becattini, Dal “miracolo economico” al made in Italy, in Id., Dal distretto industriale allo sviluppo locale. Svolgimento e difesa di un’idea , Bollati-Boringhieri, Torino 2000. In altro saggio Becattini è tornato a descrivere le dinamiche individuali, anche psico logiche, che nel dopoguerra hanno portato al boom economico e a quello sviluppo che, con scelta lessicale non differente dalla formula proposta da Sapelli, ha definito “rivoluzone sociale dal basso”: “Le motivazioni che spingono una miriade di ex-lavoratori dipendenti o autonomi, urbani o rurali, verso il piccolo business , sono di varia natura: dal classico desiderio di arricchimento personale, all’insofferenza per l’etero-direzione, all’affermazione personale nei confronti dei propri pari, locali o meno, al desiderio di sottrarre i propri figli e nipoti ai rischi della miseria, e così via. Insomma, una sorta di grande, pacifica ma non indolore, rivoluzione sociale dal basso, che sbocca in definitiva, oltre che in un profondo cambiamento degli equilibri produttivi, in ampi rinnovamenti degli equilibri del panorama culturale e politico, in definitiva della stessa classe dirigente, dei paesi che ne sono investiti”, cfr. G. Becattini, La fioritura della piccola impresa e il ritorno dei distretti industriali , in Id., Il distretto industriale Un nuovo modo per interpretare il cambiamento economico , Rosenberg & Sellier, Torino 2000, p. 31. Vale osservare, però, che in un volume più recente Becattini ha descritto in forma, per così dire, più neutra il processo di formazione della piccola impresa nel secondo dopoguerra, portando alla ribalta della storia una “folla di animosi di modesta estrazione che, con varia fortuna, si cimentano nel business ”, cfr. G. Becattini, Grandi storie di piccole imprese , in Lezioni sullo sviluppo locale , a cura di G. Becattini e F. Sforzi, Rosenberg & Sellier, Torino 2002, p. 185. In una prospettiva che spiega lo sviluppo della piccola imprenditorialità sull’analisi del processo di gemmazione (cfr. infra , nota 7, p. 75) si pone la riflessione svolta da A. Colli, I volti di Proteo. Storia della piccola impresa in Italia nel Novecento , cit., p. 247: “Più di frequente la genesi imprenditoriale avviene quasi automaticamente, attraverso una sorta di processo imitativo che è l’esito di un impasto complesso di valori culturali condivisi, voglia di emergere ed essere indipendenti, ma anche di concrete occasioni di compiere il «salto»”. 5. G. Piovene, Viaggio in Italia , Bompiani, Milano 1957, p. 123. Il testo di Piovene come, del resto, le opere di Mastronardi ben testimoniano quella “esplosione” di imprenditorialità che Giorgio Fuà aveva saputo registrare da subito nelle sue Notes on Italian Economic Growth – 1861/1964 , Giuffrè,
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