ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
Se poi si intendesse esaminare l’azione dei tre fondatori alla luce delle ti pologie imprenditoriali che l’analisi economica ha disegnato 6 , la collocazione sociale “di partenza” propria ai fondatori e la longevità e la redditività di Atom sicuramente avvicinano i tre “Atomini” non tanto a un modello manageriale e burocratico quanto al modello schumpeteriano di imprenditore mosso da una grande energia, da una forza interiore per il quale la ricchezza non è l’obbiettivo da conseguire. Per l’imprenditore di tale tipo quel che resta importante è sia l’ascesa sociale sia il desiderio e la gioia di creare un nuovo prodotto 7 . In tale prospettiva, i tre “Atomini” non sono certo riconducibili a quella figu ra di imprenditori che combinano i fattori di produzione al fine di massimizzare il profitto, come recita in termini astratti e generali la letteratura scientifica 8 : i tre fondatori sono stati innanzi tutto persone con i loro principi, le loro strategie, le difficoltà incontrate e i successi conseguiti con la medesima dedizione che aveva contraddistinto i loro primi ed eroici anni di attività. Questo profilo, per così dire, esistenziale permette di rilevare una dimensione assiologica assai significativa, quella che secondo Giorgio Fuà costituisce nei fatti “i veri imprenditori”. Cantella, Deambrosis e Gaia sono stati capaci di formare un gruppo di persone che hanno lavorato sempre con pieno coinvolgimento per uno scopo davvero condiviso: uno scopo, per così dire, che ha riempito loro la vita, dando al lavoro un senso che andasse ben oltre alla retribuzione mensile. Di più, in una prossimità rispettosa, hanno saputo comunicare a ogni dipendente che il prodotto, la fustellatrice, era soprattutto opera delle sue mani e del suo impegno. Sicché, nel lessico familiare di Atom, impresa non significa solamente “azienda”, ovvero “organizzazione dell’attività economica ai fini della produzione”, ma è soprattutto azione collettiva che richiede grandissimo impegno e dedizione: un’“Impresa”, appunto. Il ritratto redatto da Greta Baccini mette in chiaro, infatti, come la storia di Atom sia ben lontana dal ridursi agli automatismi di un processo economico standardizzato, che toglie valore alle dimensioni soggettive e personali, né si esaurisca nell’oculata scelta delle migliori condizioni di mercato quanto per l’acquisto delle materie prime tanto per la collocazione del prodotto finito, ma sia stata, piuttosto, frutto della azione per così dire carismatica dei tre fondatori. Proprio le riflessioni sviluppate da Giorgio Fuà sulla figura dell’imprendi tore come persona non asfitticamente dedita al guadagno, ma capace, piutto sto, di formare e di coinvolgere persone in uno “scopo comune” 9 che conceda soddisfazione a tutti, mi hanno svelato il senso dell’obiezione che con estremo garbo ma con nettezza un manager dell’azienda vigevanese mi rivolse dopo aver letto la prima stesura di questa autobiografia: “C’è poco di Atom in queste pagine”. Devo ammettere che l’obiezione mi sorpese: eppure – pensavo – avevo riportato minutamente quanto le mie fonti orali e scritte mi avevano permesso di ricostruire, e richiamato, per quanto possibile, la letteratura specialistica. Perché – mi chiedevo – quelle pagine contenevano “poco” di Atom? O, per altro
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