ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale

dal volume a opera di G. Luckács, M.M. Bachtin e altri, Problemi di teoria del romanzo: metodologia letteraria e dialettica storica , a cura di V. Strada, Einaudi, Torino 1976, p. 205. Proprio questa dimensione autobiografica può fornire prospettive di indagine parallele a quell’analisi dei comportamenti degli attori individuali che alcune recenti ricerche intendono far emergere nello studio dei distretti, le cui dinamiche, non a caso, “sono state per lo più spiegate facendo riferimento invece all’operare delle istituzioni e alla strutturazione delle relazioni tra attori collettivi o tra categorie di attori individuali”. La narrazione au tobiografica seziona con forza, insomma, quella propensione a leggere il contesto distrettuale attraverso un’ottica d’assieme, e permette, anzi, di cogliere rotture e discontinuità che le specifiche strategie aziendali hanno saputo perseguire; una attenta riflessione sulla promozione e gestione del cambiamento nella vita del distretto vigevanese nel corso dei primi anni Duemila si legge nel volume Distretti e strategie di uscita dalla crisi. Attori e istituzioni nei processi di policy-making, a cura di I. Regalia con contributi di C. Tajani e S. Marino, Bruno Mondadori, Milano 2011, la citazione è tratta da p. 117. 14. “Voleva venire lui padrone. Mettere in piedi un fabbrichino, fare una produzione di una mezza dozzina di dozzine il giorno, tanto per cominciare. Davanti aveva esempi che parlano da soli. Gente magutta che col lavoro il risparmio e un po’ di culo s’era fatta fabbrica e casa e macchina. Padroni che dal banchetto sono venuti su, come padron Bertelli: che era più che povero, uno zingaro, e adesso fa lavorare dei cinquanta operai, delle cento giuntore. [...] Foresti e terroni che [...] seguitano sgonfiarsi le sacocce e ingrandirsi. Gira la manopola la musica è sempre una: dané fanno dané. E altri ce n’erano ma quelli hanno il culo che metterlo fuori dalla finestra nascono funghi; più culo che anima. Oltre non saper dare una martellata senza darsela sul dito e dir grazie a Dio, non sapevano scernere pel di vitello da pel di scagnello. E ci va bene! Interessi da chilo”, cfr. L. Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano , in Id., Il maestro di Vigevano – Il calzolaio di Vigevano – Il meridionale di Vigevano , Introduzione di G. Tesio. In appendice scritti di I. Calvino e G.C. Ferretti, Einaudi, Torino 1994, p. 212. Come è noto, Il calzolaio di Vigevano venne edito da Einaudi nel 1962, in pieno boom economico, dopo che sulla rivista letteraria “Il menabò” ne era stata pubblicata un’anticipazione nel primo numero del 1959. Importante a tale proposito resta sicuramente l’intervento di D. Velo, Economia e società nella Vigevano di Mastronardi , in occasione del convegno che sull’Autore si tenne a Vigevano nel 1981, i cui Atti, Per Mastronardi , La Nuova Italia, Firenze 1983, hanno la prefazione di Maria Corti. Nella conclusione pur riconoscendo come “il nostro Autore abbia colto alcuni aspetti importantissimi dell’esperienza vigevanese”, Velo sottolineava come “al tempo stesso [Mastronardi] non abbia fatto giustizia di altri aspetti pur qualificanti”: “Il cosmopolitismo, la capacità innovativa, l’apertura ai valori della società industriale caratterizzano gli imprenditori vigevanesi ‘reali’ molto più di quanto caratterizzino gli imprenditori attori sulla scena della Vigevano di Mastronardi”, ivi, p. 89. Tuttavia, che l’opera di Mastronardi possa essere ritenuta una sorta di text-book per comprendere la natura dei fenomeni sociali ed economici dei sistemi produttivi locali nell’ Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, text-book redatto con ben altra e più acuta sensibilità rispetto a quella dispiegata dai coevi studi di economia, è giudizio che ricorre anche in A. Colli, I volti di Proteo. Storia della piccola impresa in Italia nel Novecento , Bollati-Boringhieri, Torino 2002, p. 37. 15. G. Bocca, Miracolo all’italiana , Edizioni “Avanti”, Milano 1962, p. 7.Vale considerare che questo capitalismo esuberante e inordinato veniva a contrassegnare un periodo storico in cui nella politica nazionale avviata al centro-sinistra, per altro poco attenta alla piccola impresa, si stava affermando, per converso, la linea della programmazione economica (cfr. in particolare U. La Malfa, Verso una politica di piano , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1962). Per altro, l’opportunismo quale logica industriale “condivisa in egual misura dall’imprenditore e dall’operaio” è stata caratteristica di altre esperienze distrettuali prossime, per settore produttivo, a quella vigevanese. Si legga, ad esempio, quanto scrive Michael Blim per le Marche: “la logica industriale, condivisa in egual misura dall’im prenditore e dall’operaio, privilegia l’opportunismo rispetto alla pianificazione, la massimizzazione dei profitti di contro agli investimenti e la conversione dei margini di profitto in beni di prestigio che elevano la posizione sociale della famiglia”, cfr. M. Blim, Il paese degli scarpari , in Storia d’ Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. Le Marche , cit., p. 661.

un’autobiografia

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