ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
L’azienda stessa non credeva ai numeri che uscivano dalle simulazioni fi nanziarie, sia perché erano molto impegnativi, sia perché sembravano perfino ottimisti sulle future dimensioni di quel mercato. Il fatto era che quei numeri, basati sulle ricerche di mercato effettuate e in un futuro neanche troppo remo to, proiettavano un sorpasso industriale tra Shanghai e Vigevano, a parità di perimetro. Sorpasso che poi avvenne nel corso degli anni, per specializzazione produttiva su specifiche linee di prodotto. Le proiezioni ufficiali incluse nel business plan approvato per il progetto della seconda fabbrica cinese parlavano di alcune centinaia di fustellatrici all’anno. Dopo alcuni anni il numero di macchine che uscivano dalle linee di assemblag gio cinesi era di oltre 5000 all’anno. Non solo la Cina ha finito per accentrare progressivamente la produzione di specifiche linee di prodotto, ma ha addirittura battuto i record di produttività mensile detenuti dalla fabbrica di Vigevano. L’esperienza di sperimentare una governance condivisa con il fondo simest, sia pur in modalità leggera e non invasiva, rafforzò la cultura dell’ accountability aziendale. L’obbligo di trasparenza e oggettività necessario a soddisfare i requi siti del fondo simest marcarono un’ulteriore differenza rispetto ad altri attori del settore. Atom è stata la prima azienda del comparto a vivere l’esperienza di “apertura del capitale”, sia pure limitatamente a un’iniziativa esterna, coinvol gendo un fondo di private equity , per quanto dalla caratteristiche e dalla finalità istituzionali. Questo passaggio apparentemente tecnico, che nel caso di Atom si è innestato in un humus imprenditoriale da sempre predisposto a una governan ce aperta e trasparente, ha provocato un’importante mutazione genetica nella cultura d’impresa. Atom che accettava simest come socio dell’avventura cinese affermava in modo evidente e conclamato che fare impresa in un modo globale non poteva essere considerato un “affare di famiglia”, pur basandosi sulla solidità e sulla continuità di una cultura di capitalismo a forte radicamento famigliare. Fare impresa diventava sempre di più un atto di responsabilità oggettivo, formale e rappresentato da numeri e impegni contrattualizzati. E non fu solo una questione di carte e di accordi formali, ma anche di soldi e di precisi interessi economici. Atom, per esempio, scelse di non avvantaggiarsi in modo opportunistico dei benefici fiscali concessi dal governo cinese, ma preferì applicare una politica di transfer price molto prudenziale, che privilegiava il tra sferimento di redditività in Italia, nonostante fosse fiscalmentemolto più penaliz zante, pur di evitare ogni forma di rischio interpretativo in merito. Mentre molti imprenditori italiani del settore usavano la Cina per autonomi obiettivi economici e fiscali, dove talvolta si sovrapponevano interessi personali e obiettivi aziendali, la scelta di Atomdavanti a simest fu insieme naturale e obbligata: l’impegno alla totale trasparenza e all’assoluto rigore contabile fu la naturale proiezione della cultura aziendale, e si sposò perfettamente con la presenza di simest, quindi con la necessità di rendicontazione analitica e trasparente verso un terzo.
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