ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
Le tre tappe sulla via della seta
In sintesi, gli obiettivi di Atom nel fare la scelta di una presenza diretta in Cina potevano quindi essere riassunti in un percorso a fasi successive: - colmare lo svantaggio di costo per l’accesso all’enorme mercato locale e ottenere benefici di scala sia su sottoinsiemi di componenti sia su specifici prodotti finiti da distribuire in altri mercati mondiali; - educare il mercato cinese e in generale asiatico a passare dalla tecnologia plane cutter a sistemi di taglio più produttivi e sicuri, dapprima adottando gli standard consolidati sulle fustellatrici a braccio e a carrello e successi vamente passando ai nuovi sistemi di taglio in continuo; - sviluppare progressivamente l’analisi degli specifici fabbisogni locali e in corporarla nello sviluppo tecnologico dei futuri prodotti. A distanza di tre lustri dai primi passi diretti compiuti in Cina, in un sin tetico bilancio di quest’esperienza, si può affermare che la prima fase è stata svolta con risultati molto soddisfacenti, la seconda sta richiedendo un incessante sforzo culturale e commerciale, mentre la terza rimane tuttora una prospettiva da affrontare nel medio termine, imparando a leggere con sempre maggiore lucidità il mutevole contesto di mercato. Per comprendere come Atomabbia ancoramolti spazi di crescita su quest’ul timo punto, è opportuno citare l’esperienza controversa della cosiddetta “linea wm” di fustellatrici pensate da e per il mercato cinese. Si trattò del tentativo, lanciato agli inizi degli anni Duemila, di sviluppare un proprio prodotto ispirato alle plane cutter tradizionalmente diffuse sul mercato orientale. Fu subito chiaro, infatti, che il percorso di evangelizzazione tecnologica necessario per conver tire decine di migliaia di fabbriche di calzature cinesi alla moderna scienza del taglio specializzato, abbandonando le tradizioni del taglio con plane cutter , si sarebbe rivelato lungo e difficile. Una possibile scorciatoia per migliorare le proprie chances di penetrazione commerciale sembrò quindi quella di “fare i cinesi con i cinesi”, ovvero di “copiare”, sia pure reinterpretandola alla luce degli standard tecnologici e di sicurezza occidentali, l’architettura di una plane cutter , proponendola con il marchio Atom. Ma per i tecnici italiani tentare di copiare le poverissime macchine cinesi si rivelò un atto contro-natura. Per quanto abituati all’essenziale, i tecnici Atom impostavano il proprio lavoro di progettazione prendendosi cautele e vincoli di dimensionamento tipicamente europei. Il tutto, nonostante molti tentativi di reingegnerizzazione, risultava alla fine comunque più costoso e macchinoso della brutale semplicità costruttiva delle macchine cinesi. Tanto da non poter competere sullo stesso terreno, almeno non affidando anche la scelta delle armi a chi già controllava quella del terreno di confronto. Per avere pieno successo, quindi, la terza fase del progetto Cina dovrà basarsi su ben altri presupposti: la creazione di un nucleo di ingegneria di formazione
atom con gli occhi a mandorla
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