ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
certamente offerto maggiore disponibilità di tecnologia e manodopera specia lizzata, ma a un costo più elevato e senza l’opportuna prossimità geografica con il mercato finale del mondo della calzatura. A ben guardare, in realtà, c’erano anche altre zone interne della Cina che sulla carta offrivano condizioni di costo ancora più vantaggiose. Peccato si trovassero in zone remote e di difficile ac cesso per un team occidentale che sapeva di doverci rimanere per lunghi anni. Reperire un capannone disponibile per impiantare una fabbrica in Cina non era certamente un problema; il problema si sarebbe tuttavia posto al momento di ricercare qualcuno, possibilmente un expatriate , disposto a presidiare per conto di Atom una fabbrica collocata in località remota e priva di ogni tessuto sociale compatibile con gli stili di vita occidentali. La decisione definitiva sulla location fu presa “di pancia” dal team direzionale Atom. Mentre il gruppo di lavoro si interrogava su tutte le variabili economiche del progetto, nel novembre del 1997, dalla terrazza dell’Hotel Garden di Shanghai, la coinvolgente contemplazione della skyline dei grattacieli della città suggerì un principio di saggezza; a fronte di tutte le ragioni razionali per scegliere una località che massimizzasse i vantaggi economici, c’era un argomento definitivo: quello sulla qualità della vita di chi avrebbe dovuto sobbarcarsi molti anni di viaggi e molti mesi di permanenza per garantire il successo di quell’iniziativa. Il viaggio sulla Via della Seta sarebbe stato certamente lungo: tanto valeva mettersi almeno un pochino comodi. La scelta definitiva sarebbe caduta quindi su Shanghai, la più cosmopolita e moderna delle metropoli cinesi. La manodopera e l’affitto sarebbero costati qualche renminbi in più, ma almeno la civiltà occidentale sarebbe stata sempre a portata di mano. Qualche renminbi di differenza sul costo orario di un operaio non avrebbe comunque fatto la differenza, poiché le prime proiezioni economico-finanziare predisposte per prendere le misure all’avventura cinese presentavano un qua dro con valori di investimento e livelli di rischio tali da far spaventare anche un’azienda solida come Atom. Avendo ormai chiare le intenzioni strategiche, infatti, e una volta scelta la strada più impegnativa, più responsabile e più a lungo termine, la dura legge dei numeri mostrava subito il suo conto, vendicando almeno in parte la reputazione di chi aveva scelto strade più sbrigative e opportunistiche: l’avventura cinese avrebbe richiesto l’impiego di ingentissime risorse finanziarie e organizzative, per lunghi anni. Avendo rinunciato a un socio cinese, che avrebbe certo ridotto costi e in certezze, ma avrebbe molto probabilmente costituito un ostacolo evolutivo nel medio-lungo termine, Atom si rassegnò a cercare forme di partnership in Italia. Per un pugno di renminbi, convertibili in dollari
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