ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
ultime obiezioni riguardavano quindi il costo-opportunità del capitale e delle risorse organizzative che avrebbero dovuto essere profuse per molti anni sul fronte orientale, al fine di ottenere poco più che un prolungamento delle stesse basi di vantaggio competitivo maturate da Atom in Occidente nei suoi primi cinquant’anni. Non valeva forse maggiormente la pena cedere lentamente ma consapevolmente il campo delle tecnologie tradizionali, che era realisticamente impossibile continuare a fabbricare in Italia visto il radicale spostamento del baricentro dei mercati verso i paesi emergenti? E non conveniva quindi impie gare tutte le risorse finanziarie e imprenditoriali per accelerare lo sviluppo dei sistemi di taglio automatici, ampliando nel contempo i loro campi di applica zione a diversi settori industriali? Questi rischi e ostacoli si rivelarono in realtà tutt’altro che infondati. Ma nessuno di essi riuscì a bloccare la forte determinazione imprenditoriale a vin cere la sfida cinese.
Le mille domande sulla Cina, tra il come e il dove
Una volta presa l’irrevocabile determinazione a esserci, andavano valutate attentamente le diverse possibili modalità per la presenza in Cina. Le opzioni erano sostanzialmente quattro: - produzione su licenza;
- joint-venture minoritaria; - joint-venture controllata; - filiale produttiva diretta controllata al 100%.
Più che considerazioni di tipo legale e societario, a dirimere il dubbio sulla modalità di presenza furono gli espliciti e univoci consigli dei partner com merciali cinesi e degli esperti dell’ice, l’esperienza maturata in Brasile, insieme a una fondamentale valutazione strategica maturata dalla Direzione. Atom si stava avvicinando alla Cina con una prospettiva imprenditoriale allargata: sia sul lato della catena del valore manifatturiero, sia sul lato della domanda e dell’apprendimento del contesto di mercato. La Cina era contemporaneamente il più grande mercato di destinazione del mondo e il più efficiente mercato di approvvigionamento del mondo. La cosiddetta “Sindrome di Pirmasens” avrebbe inesorabilmente fatto valere la propria legge anche in Estremo Oriente; quella legge – per quanto non scrit ta – parla chiaro: chi non sta vicino al suo mercato di riferimento, sia sul lato dei fattori di input e di produzione sia sul lato dei fattori output e di mercato, prima o poi viene marginalizzato e muore. Solo l’opzione di una filiale produttiva controllata al 100% garantiva che i risultati strategici di presidio del mercato venissero raggiunti nel medio-lungo
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