ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale

Via della seta, viaggio di sola andata

Di fronte a questa difficoltà di mercato locale di sbocco, insormontabile pa reva, nel breve periodo, la scelta tra una presenza in Cina focalizzata sull’export, come era stata attuata in Brasile, e invece una di tipo industriale e produttivo appariva non solo più logica ma anche assolutamente necessaria. Indicazioni in tal senso arrivavano dai partner distributivi locali, ma an che dai funzionari ice. Patrizia Tambosso, allora direttrice dell’ufficio ice di Shanghai, in occasione dei numerosi contatti avuti per il road-show organizzato insieme ad Assomac nel 1996, sollecitò più volte la Direzione Atom a valutare una più incisiva presenza in Cina. Il tessutomanifatturiero cinese per l’industria meccanica leggera – sosteneva l’ice – era in grado di accogliere senza grandi difficoltà una localizzazione della produzione di macchine, e non mancavano i necessari supporti di servizio sia per consulenze legali e amministrative sia per partnership commerciali. Gli uffici ice di Shanghai e Pechino si erano detti più che disponibili a offrire collaborazione in tal senso. I consigli di investimento in Cina venivano anche da potenziali partner com merciali locali, che raccomandavano adAtomdi aprire un’azienda di assemblaggio sul mercato cinese, senza passare da una joint-venture ma tramite un’iniziativa diretta e indipendente. Nelle interviste realizzate in preparazione della decisione finale qualcuno si spinse esplicitamente ad affermare che se Atomavesse prodotto le propriemacchine inCina, avrebbe potuto vendernemoltissime, posto che quella fosse l’unicamodalità con la quale entrare in unmercato cinese in via di profonda trasformazione. In una minuta di rapporto dopo un viaggio del 1997, l’intervista con un distributore locale riportava testualmente: “You can sell a lot of machines here, if you manufacture them in China! This is the only way you can do it”. In un’altra relazione presentata a Lorenzo Gaia al termine del road-show del 1996, l’urgenza in tal senso per Atom era stata segnalata in modo esplicito: “Tardare ad affrontare la sfida cinese significa rassegnarsi a vedere progressi vamente erosa, nel corso dei prossimi anni, la leadership mondiale di Atom sul proprio mercato di riferimento”. Atom stava quindi affrontando il percorso sulla Via della Seta, diversamente dalla gran parte delle altre aziende italiane del settore, non come semplice occa sione opportunistica di aprire un mercato di sbocco, ma come sfida industriale a tutto campo, che avrebbe cambiato radicalmente l’assetto organizzativo e la logica imprenditoriale dell’azienda di lì a pochi anni. Per un’azienda dalla forte cultura industriale, che proprio negli anni ’90 fece del modello di integrazione verticale dei processi manifatturieri uno dei punti di forza del proprio vantaggio competitivo, la scelta di mettere radici industriali in Cina si doveva rivelare un passaggio fondamentale di maturazione e, contemporaneamente, di profonda ridiscussione identitaria.

244

Made with FlippingBook Digital Publishing Software