ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
produttivo continentale 10 , ma non si può certo trascurare che già nel 1998 il presidente Pietro Torielli indicava la Repubblica Popolare Cinese come “il prin cipale mercato di sbocco delle nostre esportazioni” 11 . L’anno successivo, però, un accento di preoccupazione increspava le riflessioni conclusive offerte dalla sua relazione; anzi, l’atteggiamento di intermittente interesse che da oltre un decennio era stato riservato dagli operatori di settore al grande paese orientale pareva risolversi in un dilemma ormai ineludibile: Ritengo che questo Paese, con i suoi 5 miliardi e 200 milioni di paia di calzature, pari a circa il 50% della produzione mondiale, rappresenti già un grande rischio di desta bilizzazione dei mercati internazionali del sistema pelle/calzature; tutto ciò equivale per noi sia a una minaccia che a un’opportunità. Infatti, consapevole che “la crescita dei nostri mercati tradizionali [...] può verificarsi solo per quote marginali”, per recuperare redditività delle azien de Torielli riscontrava “la necessità di investire in ‘nuovi’ mercati geografici”, in particolare in Cina. Non mancavano certo di cautela le indicazioni da lui tracciate, ma deciso vi si leggeva l’invito ad avanzare “una riflessione sull’op portunità di destinare risorse all’avventura cinese”, ovvero a produrre “uno sforzo creativo per sviluppare nuove forme originali di presenza commerciale e di assistenza dei clienti in quel Paese”. D’altronde, i termini del “problema Cina” erano ormai chiaramente composti nella loro dura realtà proprio dalla eloquente dialettica che la coppia polare minaccia/opportunità veniva a decli nare. La Cina, infatti, era avvertita come “una minaccia, nei termini in cui le dimensioni del mercato possono favorire lo sviluppo, oltre che quantitativo anche qualitativo, di una produzione meccanica locale alternativa alla nostra”; ma si configurava altresì come un’opportunità “se consideriamo le dimensioni potenziali del mercato cinese, un mercato che assorbe oggi non più del 10% delle nostre esportazioni” 12 . Sicché, ad alcuni imprenditori italiani la partecipazione alle fiere organizzate da assomac – Allforshoes aWenzhou, distretto ricco di oltre “5000 calzaturifici, 2000 concerie e la più elevata concentrazione di produttori di macchine per calzature di tutta la Cina” 13 – si presentava come momento certo necessario ma non più sufficiente per sortire positivamente dal cortocircuito scandito dalla dialettica minaccia/opportunità . Conseguentemente, alcune aziende hanno in trapreso una scelta di fondo e coraggiosa, quella della localizzazione produttiva in Cina, attraverso “una politica di approssimazione per passaggi successivi” 14 . Tale approdo è stato fatto proprio da una quindicina di aziende del settore 15 superando con l’acquisizione di nuove competenze, grazie anche all’apporto di assomac e della sede ice di Shanghai, le difficoltà inevitabilmente legate a una fase pionieristica di insediamento. Per avvicinare con successo il pianeta
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