ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale
del totale delle attività finanziarie. Mentre questa concentrazione è abbastanza comune in paesi in via di sviluppo, è tipico della Cina che il settore bancario sia strettamente controllato dal governo centrale. Le banche straniere, anche dopo l’entrata nell’omc che avrebbe dovuto favorire la penetrazione di questo settore controllano poco più del 2% delle attività finanziari – a fronte del 37% nell’insieme dei paesi a basso reddito nell’economia mondiale. La Cina ha già attraversato con successo a cavallo del secolo una fase di ricapitalizzazione bancaria per la riabilitazione delle quattro grandi banche di stato. Con questa operazione le autorità riuscirono a liberare i bilanci da circa il 40% dei crediti ufficialmente inesigibili e a far quotare le banche così ripulite, e apparentemente appetibili, nelle grandi borse internazionali Que sta operazione fu condotta in stile prettamente cinese secondo il modello af fermato del ‘capitalismo rosso’ come descritto da Walter e Howie. I crediti inesigibili furono spurgati dalle banche e trasferiti al loro valore nominale a società statali di gestione patrimoniale (secondo lo schema delle bad banks istituite in simili circostanze in alcune economie dell’oecd) appositamente costituite per cercare di collocarli nel mercato. Nel caso cinese, però, queste società, sulla base del valore nominale di questi crediti registrato come attività di bilancio societario, furono autorizzate a emettere propri certificati di credito e a collocarli successivamente nelle banche stesse nel corso del processo di ricapitalizzazione bancaria. Alla ricapitalizzazione parteciparono sia la Banca Centrale che il Ministero delle Finanze. La prima mediante cessione di parte delle riserve di valuta internazionale e il secondo mediante garanzie di stato ai crediti in sofferenza residui contabilizzati nei bilanci bancari come crediti ristrutturati ( restructuring receivables ) ma di fatto inesigibili. Un’abile opera zione di prestidigitazione finanziaria secondoWalter e Howie che consentì alla Cina di assorbire nel giro di qualche anno un ammontare di debiti pari a circa un quarto del pil. L’operazione, da altri (oecd, China in the World Economy , 2002) definita come un’operazione di scatole cinesi, si avvalse del vantaggio di applicare tassi sui depositi artificialmente bassi – in assenza di concorrenza nel mercato bancario – e di continui incentivi all’investimento in nuova capacità produttiva di tipo statale. L’intreccio di queste operazioni – grazie anche alla favorevole congiuntura internazionale – garantì forti tassi di crescita economica e il conseguente assorbimento dei debiti. Le domande che suscita questo tipo di operazione sono molte e le risposte non facili né immediate. Ad esempio, sonomigliorati gli incentivi a una migliore e più oculata gestione del credito da parte delle grandi banche? Quali sono le maggiori fonti di rischio attualmente? Nel corso della crisi finanziaria di quanto sono aumentati i crediti in sofferenza? Potrebbe ancora la Cina avvalersi della stessa alchimia esperita in passato qualora le grandi banche statali dovessero ancora incorrere in difficoltà finanziarie?
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