ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale

Il processo produttivo nella calzatura sembrerebbe, a un osservatore esterno, relativamente semplice specie in considerazione del basso rapporto tra investi menti e fatturato (o tra quantità di capitale e di lavoro utilizzato nelle imprese). In realtà il ciclo di produzione di un’impresa verticalmente integrata è alquanto complesso. Molto numerose sono le famiglie di macchine impiegate (circa cin quanta) e altrettanto numerose sono le mansioni lavorative e i mestieri legati all’utilizzazione di quelle macchine. Tutto ciò produce una microspecializzazione delle imprese a livello di pro dotto o della singola famiglia di prodotti, dalla produzione di macchine da taglio delle pelli e di macchine per il montaggio (che rappresentano i due gruppi più importanti) alle macchine per cucire sino alla produzione di macchine ri piegatrici, di scarnitrici, di macchine per il finissaggio e di altre macchine che svolgono lavorazioni specifiche. La specializzazione di prodotto permette non solo l’apprendimento progressivo di conoscenze tecniche sulla singola funzione lavorativa del processo di produzione calzaturiero e, di conseguenza, l’accumu lazione di competenze tecniche e professionali distintive (rispetto ai produttori di macchine destinate ad altre funzioni produttive), ma anche la progressiva interazione con l’utente e l’indispensabile rapporto di fiducia tra produttore e cliente che porta a introdurre continui aggiustamenti e accorgimenti tecnici che modificano via via il prodotto. Gli anni Settanta rappresentarono il periodo della conquista dei merca ti internazionali: la domanda internazionale conobbe una prima espansione, anche se a ritmi non particolarmente sostenuti, ma fu soprattutto la capacità competitiva degli imprenditori italiani a sbaragliare i paesi che tradizionalmente producevano macchine per calzature (Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna, soprattutto, e Francia, in subordine), allargando progressivamente i mercati di sbocco all’estero. Il settore si internazionalizzò sempre di più – in tutti i suoi comparti, sia nelle macchine per la lavorazione tradizionale delle calzature, sia nelle macchine per calzature in sintetico, sia nelle macchine conciarie –, penetrando sia i mercati dei tradizionali produttori di calzature che i mercati più lontani dei paesi in via di sviluppo. La quota delle esportazioni italiane sul totale dei paesi dell’area ocse passò, tra l’inizio e la fine del decennio, dal 20% circa al 44% 6 . A fronte di ritmi di crescita del mercato mondiale del 4,8% a prezzi costanti, le esportazioni italia ne aumentarono al ritmo dell’11-12% all’anno a prezzi costanti 7 . L’attivo della bilancia commerciale del settore divenne elevatissimo: le importazioni alla fine del decennio rappresentavano appena il 3-4% delle esportazioni italiane; ormai la leadership a livello internazionale era stata raggiunta sia in termini di quote di mercato sia dal punto di vista tecnologico. La dimensione del settore era relativamente ridotta ma cominciava a pesare a sufficienza: l’industria italiana delle macchine per calzature presentava all’inizio

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