ATOM _- Autobiografia di un'impresa metanazionale

Forza bruta e intelligenza

Atom era già da tempo sinonimo di taglio, quando, a seguito di un’ondata di rivoluzioni tecnologiche di grande portata (elettronica, automazione, personal computer , software , cad, cam e cim), qualcosa comincia a cambiare. Fino a quel momento tagliare i vari materiali che compongono la scarpa era (e, in parte, è così ancora oggi), si potrebbe dire, una questione di “forza bruta”. Finito da tempo il periodo preindustriale, nel quale bassi volumi produt tivi e formule di organizzazione del lavoro più tipiche della bottega artigiana che dell’industria erano compatibili con il metodo più semplice e primordiale di taglio, ossia il trincetto o coltello guidato abilmente dal tagliatore lungo il perimetro della sagoma (in cartone) da tagliare, regnavano incontrastate da decenni la fustella e le macchine che la utilizzano: le fustellatrici. Questione di forza bruta, si diceva: si tratta infatti di applicare tanta forza sulla fustella (sagomata secondo la geometria dei pezzi da tagliare) collocata al di sopra del materiale per farla penetrare per tutto il suo spessore e realizzare così il taglio. In realtà le cose sono, anche in un processo all’apparenza così semplice, un po’ più complicate: la forza deve essere quella giusta, né troppa né troppo poca cosicché il taglio sia effettuato inmodo completo e perfetto senza danneggiare il ceppo sul quale il materiale è appoggiato; l’area di lavoro deve essere adeguata, la fustella ben fatta, la forza applicata nel punto giusto, la macchina progettata in modo accurato e costruita robustamente. Ma sta di fatto che diversi decenni di maturazione tecnologica nelle cosiddette trance a bandiera, per citare quelle macchine in particolare che ancora oggi è facile vedere in ogni calzaturificio, dalle prime macchine puramente meccaniche alle ben più evolute e performanti presse oleodinamiche, non hanno mutato gli ingredienti fondamentali della ricetta: tanta forza (bruta) nella macchina e tanta intelligenza (solo) nell’uomo che la usa. Uomo che deve occuparsi di tutto: scegliere la fustella con la quale tagliare, collocarla sul materiale (pelle o sintetico), spostarla da una zona all’altra dell’area di lavoro, scegliere il punto migliore dove posizionarla per ottenere il più alto rendimento compatibilmente con le caratteristiche del materiale (soprat tutto quelle non omogenee della pelle), movimentarlo, eliminare lo scarto; tante operazioni da compiere in sempre minor tempo, poiché l’affermarsi dell’approc cio industriale, la crescente domanda di prodotto, il crescere di conseguenza dei volumi di produzione, impongono ritmi sempre più forsennati alla ricerca di valori di produttività che nell’ Italia del boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta raggiungono il loro culmine. Tutto ciò porta allo sviluppo di altre architetture di macchine fustellatrici, dalle più semplici e sempre più usate trance a bandiera, alle macchine a carrello mobile e a ponte mobile. Nella seconda metà degli anni Ottanta, quando iniziò una nuova fase di questa storia, lo scenario era pienamente delineato e la gamma di macchine di

Protagonisti dell’innovazione

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