Pittori Lomellini

contatto con la pittura dell'americano, operoso in Europa, John Sargent; l'amore per la montagna, infine, lo portò a percorrere una strada che ebbe qualche coincidenza (più per il soggetto l'ambientazione che non per le soluzioni tecniche) con l'opera tarda di Emilio Longoni. Si giunge così a Casimiro Ottone , il cui nome strettamente si lega a opere di carattere decorativo. Oggi parlare di un pittore come di un decoratore che sapesse abbinare a un tal genere di lavoro incombenze ancora più umili, così da trasformarsi, all'occorrenza, in imbianchino o poco più sembra sminuire la figura dell'artista. Per contro, il pittore che attraverso il mestiere sappia decantare il proprio linguaggio così da nobilitare persino l'umiltà del lavoro, convertirsi in un autentico artista al quale bisogna concedere ben più che una distratta attenzione. Ottone realizzò tale intento non solo in quelle nature morte che costituiscono l'aspetto pittoricamente più impegnato della attività, nella quale sembrò addirittura interpretare in termini di più integrale verismo il romanticismo ispirato di uno Scrosati, ma, frequentando Brera sotto la gurda Bertini, raggiunse anche nell'ambito della decorazione risultati assai ragguardevoli, ed è questo un argomento quale avremo l'occasione di ritornare parlando più oltre del suo collega e amico Luigi Bocca. Atro pittore di non trascurabile interesse Ferdinando Bialetti . Allievo a Torino del Gastaldi e del Gamba dedicò alla pittura decorativa sia religiosa che profana ritrattista di indiscutibili qualità, nonché autore di nature morte nelle quali sembra di ritrovare quel grasso spessore della pennellata e quella succosa consistenza del colore che caratterizzarono Lorenzo Delleani; e ciò sta a dimostrare come la Lomellina, oltre che dell'influsso lombardo, risentisse notevolmente pure di quello piemontese. Comunque il Bialetti, il cui fratello Felice fu un notevole scultore, seppe uscire almeno in parte dagli schemi correnti del suo tempo e proprio per questo la sua personalità artistica meriterebbe di essere studiata più a fondo di quanto non si sia fatto sino ad ora. Per un pittore che tende, almeno parzialmente, a evadere da un ambiente, eccone invece uno

che vi rimane strettamente ancorato: è questi Biagio Canevari che, dopo aver frequentato la Civica scuola d'arte di Pavia, fu a Brera allievo del Bertini e del Casnedi, risentendo di quel particolare clima che traeva positivi stimoli dal parallelo svolgersi della Scapigliatura e che ebbe più oltre in Cesare Tallone un efficacissimo maestro che nella ritrattistica esercitò qualche influsso anche sul nostro pittore. Ma siamo giunti a una personalità d'artista di eccezionale interesse pur se la sua produzione si riduce a poche opere a causa della morte precocissima parliamo di Felice Truffa , spentosi a soli ventitré anni di età per aver contratto la malaria perniciosa nella Maremma toscana dove si era recato a dipingere. Il Truffa, per quello che concerne la sua formazione artistica, differisce dai colleghi in quanto, dopo aver frequentato le accademie di Torino e di Milano, si reca a Firenze avendo come maestro il Fattori; più oltre stabilisce contatti d'arte e di opinioni con Pellizza da Volpedo, con ArturoTosi, col Morbelli. Specie dai rapporti – testimoniati da un epistolario - con Pellizza emergono motivi di grande interesse che rivelano come il giovanissimo artista fosse indirizzato verso quelle posizioni che, allora, apparivano di assoluta avanguardia. Nella vicenda che accomunava i due pittori, si pallava, sì, con grande fervore, dei problemi più direttamente interessati alla natura e alle qualità del colore e della luce, ma anche di ciò che poteva essere la pittura stessa in rapporto ai problemi della società ed ecco far capolino, accanto a quello dell'artista di Volpedo, pure l'impegno politico e umanitario di Morbelli -; idee rivoluzionarie nell'uno e nell'altro caso, idee che portano probabilmente il Truffa a non ignorare un altro generoso rappresentante di quest'ala estrema e più avanzata della nostra pittura, tardo ottocentesca,- Attilio Pusterla. Com'è purtroppo inevitabile, i soli ventitré anni vissuti dal Truffa non gli permisero che di proporre e accennare, nel limitato numero di quadri ch'egli produsse, quanto potenzialmente era in lui, nel suo pensiero, nella sua attenzione di idee destinate a sfociare in un discorso pittorico. E’ per questo che egli ci pare un artista la cui personalità deve essere studiata a

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