MC e sostenibilità
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capacità di inquinamento, si sono dotate attraverso i propri organismi associativi di procedure per ridurre le emissioni inquinanti e per comunicare al pubblico le loro nuove attenzioni verso l’ambiente e la salute. L’esempio più importante è il programma “Responsible Care”, un programma volontario adottato dall’industria chimica mondiale basato sull’impegno al miglioramento continuo in tutti gli aspetti della salute, sicurezza e prestazioni ambientali, e di trasparenza nella comunicazione sulle sue attività e risultati. Responsible Care è stato adottato in Europa dal CEFIC (European Chemical Industry Council) nel 1989 41 e attualmente è seguito in più di 50 paesi nel mondo e coinvolge oltre 10.000 imprese chimiche. Nel 2008 in Italia il programma, avviato nel 1992 e gestito da Federchimica, era attuato da 178 imprese di grande, media e piccola dimensione. I programmi volontari delle aziende e delle loro organizzazioni non hanno però risolto il problema dell’inquinamento delle attività produttive né tanto meno hanno tranquillizzato il pubblico al riguardo. La prevenzione (dell’inquinamento, della produzione dei rifiuti, dei danni ambientali) è infine divenuta nelle coscienze e nelle politiche l’obiettivo prioritario da perseguire e questo ha messo in luce l’importanza della valutazione degli impatti ambientali lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti/attività e la necessità di intervenire oltre che sulla “produzione” anche sul “consumo”, cioè sulle abitudini, gli stili di vita, insomma la cultura delle società. A seguito del “disastro di Seveso” 42 , avvenuto all’ICMESA di Meda 41 Il Programma Responsible Care è stato avviato in Canada nel 1984 dalla CCPA (Canadian Chemi cal Producer Association) e poi adottato nel 1988 dalla ACC (American Chemistry Council). 42 Disastro di Seveso è il nome con cui si ricorda l’incidente, avvenuto il 10 luglio 1976 nell’azienda ICMESA di Meda, che causò la fuoriuscita e la dispersione di una nube della diossina TCDD, una sostanza chimica fra le più tossiche. Il veleno investì una vasta area dei comuni limitrofi della bassa Brianza, particolarmente quello di Seveso. All’indomani del disastro fu aperto un processo giudiziario intentato dalla Regione Lombardia contro l’ICMESA, sia in sede penale che civile, avviato dalla Procura della repubblica di Monza. Il 25 marzo 1980, dopo una trattativa iniziata da oltre un anno dal presidente della Regione, Cesare Golfari, il sottosegretario agli interni Bruno Kessler e il nuovo presidente della Giunta Regionale Giuseppe Guzzetti raggiunsero un accordo con il presidente del Consiglio d’amministrazione della Givaudan Jean Jacques de Puryi, per far sì che la società pagasse la somma 103 miliardi e 634 milioni di lire per il “disastro di Seveso”. Fu deciso di costituire una Fondazione per ricerche ecologiche, a cui la Givaudan partecipò con
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