Il settore calzaturiero

Come si è visto nella prima parte di questo articolo, all’inizio del periodo da considerare, varie cause, ma soprattutto l’ampliamento sensibile del mercato suscitarono, a Vigevano, il desiderio di un mutamento radicale nell’organizzazione del lavoro artigianale, praticata, anche se in modo diverso, sia nei laboratori sia nelle manifatture accentrate. Le difficoltà connesse alla distribuzione della materia prima, quelle riguardanti la raccolta dei prodotti, la scarsa razionalizzazione delle lavorazioni, la ridotta produttività del personale e il pericolo di furti da parte dei dipendenti erano le più diffuse ragioni di questo malessere. Alcuni imprenditori, sia tra gli artigiani sia tra i mercanti, cominciarono a ricercare nuove forme aziendali, in cui una diversa organizzazione del lavoro, quel la che sarà denominata industriale, potesse eliminare, in modo appropriato, questi dannosi inconvenienti. 1 Secondo la storia economica, la diversificazione dell’organizzazione industriale da quella artigianale non dipese dalla meccanizzazione produttiva, fatto per essa soltanto accelerante, ma dalla concentrazione del lavoro in un edificio separato dall’abitazione; in questo senso, le forme d’impresa individuabili nel tempo, furono, allora, per l’industria, prima, la manifattura accentrata e, poi, la fabbrica. Nelle manifatture accentrate, l’imprenditore gestiva l’amministrazione, eseguiva gli acquisti, dirigeva la produzione e curava le vendite, utilizzando strumenti di sua proprietà, una crescente divisione del lavoro e una sempre più estesa regolamentazione dell’attività. Questa progressiva divisione e regolamentazione del lavoro agevolò l’impiego delle macchine, intese non come strumenti che prolungano l’azione dell’uomo, ma come realtà che la sostituiscono, subordinandola alle loro necessità intrinseche; allora, la manifattura accentrata si trasformò in fabbrica. 2 Dall’inizio del 1800 all’unità d’Italia, a Vigevano, le caratteristiche dell’artigianato calzaturiero, emerse dall’andamento secolare descritto nella prima parte di questo articolo, erano state confermate o si erano accentuate, come traspare dai ruoli di popolazione e tassazione, compilati tra il 1805 e il 1839. Secondo alcune tracce documentarie inequivocabili, rese plausibili dall’affinità con altre zone calzaturiere italiane e straniere, potrebbero essere apparse, in quel periodo, le prime manifatture decentrate, gestite probabilmente più da artigiani che da mercanti. Per consueto sviluppo, in questo tipo d’impresa, i laboratori componenti dovrebbero essere passati, ben presto, dalla costruzione completa della scarpa alla divisione fra loro delle fasi operative, i cui prodotti erano, poi, fatti confluire, per l’assemblaggio, in un altro locale. 3 In seguito a tale plausibile evoluzione, lo sfruttamento del tempo, l’aumento della produttività e il controllo dei lavoranti, furono, tra il 1860 e il 1880, le necessità prevalenti che stimolarono qualcuno a concentrare la produzione in un solo edificio, mantenendo, però, la divisione per fasi di lavorazione. Il primo tentativo, in questo senso, lo avviarono due fratelli, figli di vigevanesi immigrati a Milano, Pietro e Luigi Bocca, che, abbandonato il mestiere declinante del padre, tessitore di seta, fecero, dapprima, i calzolai in alcuni laboratori milanesi. Successivamente, convinti di poter applicare con profitto anche al calzaturiero il lavoro in gruppo e a catena usato dal tessile, nel 1866, costituirono, in via L’INDUSTRIA. L’AVVENTO DEGLI INDUSTRIALI. 1 S. Biscossa, L’evoluzione del settore calzaturiero a Vigevano. Dall’artigianato all’industria, in Viglevanum, n.XII, Vigevano 2002, pp. 26-27; S.Biscossa, Storia dell’industrializzazione a Vigevano (1743-1985), Parte seconda, I dipendenti, Pavia 1986, p. VII; S.Biscossa, I documenti raccontano gli esordi dell’industria calzaturiera, in Viglevanum, n. 7, Vigevano 1977, pp. 38-47; per un utile sfondo all’articolo si vedano in Cariplo, Pavia e il suo territorio, Milano 2000, i capitoli G. Vigo, Una provincia, tre economie. La produzione urbana tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento, pp. 299-339; C.Besana, Le realtà agricole della provincia pavese tra Settecento e Ottocento, pp.341-367; P.Lombardi, Il riso, l’uva e le ciminiere. Lo sviluppo economico dall’Unità al secondo conflitto mondiale, pp. 369-413, P.Galea, Pavia nel secondo dopoguerra, pp. 414-447. 2 M.Mauss, Manuale di etnografia, Milano 1969, pp. 28-32; P.Mantoux, La rivoluzione industriale, Roma 1971, pp. 55-76; M.Weber, Storia economica, Roma 1993, pp. 111-116; G.Hurd, Lo studio della società, Milano 1977, pp. 314-321, L.Dal Pane, Storia del lavoro in Italia dagli inizi del secolo XVIII al 1815, Milano 1944, pp.45-71.

3 S.Biscossa, L’evoluzione…, cit., pp. 24-27; S.Biscossa, Storia dell’industrializzazione a Vigevano, Parte prima, Gli imprenditori, Pavia 1985, p. 28.

Made with FlippingBook - professional solution for displaying marketing and sales documents online