Dal saper come fare al saper cosa fare
Capitolo secondo
ma il loro raggiungimento non è ancora realizzato. Fra le ragioni del ritardo si possono addurre sia alcuni aspetti socio-economici; sia i diversi livelli di competitività dei vari sistemi-paese; sia le caratteristiche del prodotto. Per quanto concerne il primo aspetto è sufficiente rilevare come an che nel 1924 la domanda pro-capite di calzature rimanga in l’Italia pari a 0,56 –praticamente un paio di scarpe ogni due anni– mentre per gli altri Paesi tale indice risulti da tre a cinque volte più grande (Tabella 4) .
Tabella 4 – Consumo pro-capite di calzature nei principali paesi industrializzati nel 1913 e 1924
Paese
1913
1924
Num. paia
Num. paia
Stati Uniti
2,38 (a)
2,68
Regno Unito
2,26 (b)
n.d.
Germania
1,59
1,38
Francia
1,26
1,37
Cecoslovacchia
n.d.
2,64
Spagna
1,31
1,38
Italia
0,5
0,56
(a) il dato è riferito al 1914. (b) Il dato è riferito al 1912 e non include la produzione dell’Irlanda. Fonte: Archivi Economici di Amburgo, cit.
Per quanto riguarda la competitività, la condizione d’inferiorità del l’industria nazionale rispetto agli Stati Uniti, all’Inghilterra ed alla Francia si spiega anche in ragione del fatto che l’Italia, “ad eccezione del cuoio da suola, è costretta a ricorrere all’estero per ogni altra specie di pellami e anche per feltri, filo di lino, tirature, ecc. Anche per le macchine, l’industria delle calzature è tributaria dell’estero, principalmente dell’America. Il calzaturificio in Italia si può dire si trovi ancora all’inizio, mentre all’estero ha origini assai meno recenti” 31 . Infine, come rileva Valentino Matrisciano nel suo studio sull’industria calzaturiera, “ [ l ] a concorrenza degli Stati Uniti infine mette a dura prova le nostre fabbriche in quanto l’articolo che giunge da quella regione è quanto mai mutevole di forma e di modello. [..] In generale si può ritenere che il prodotto italiano, in confronto con quello estero, sia notevolmente inferiore per le scarpe ottime, ben fatte, per novità e durata; sia
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