MC e sostenibilità
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leader del paese sul fronte energetico, soprattutto nel campo dell’energia eolica. È vero però che durante la sua presidenza, Bush si oppose sempre a tutte le proposte di legge che volevano limitare le emissioni di carbonio. Un altro esempio è quello del Consiglio europeo, che nel 2010 approvò i nuovi obiettivi su clima ed energia fino al 2030, ma senza vincolo. Infatti gli obblighi stabiliti erano solo comunitari e non nazionali. La necessità di un voto unanime produsse un compromesso dettato dagli interessi dei singoli stati. È un fatto che la crescita delle emissioni a livello mondiale ha iniziato a frenare già nei primi anni ottanta, e poi ancora nel 1992 e nel 2009: tutti periodi di crisi economica, in verità. Ma la novità è che nel 2014 il prodotto interno lordo mondiale, stando alle stime del Fmi, è cresciuto del 3,3 per cento, così come accaduto nel 2013, ma le emissioni sono rimaste invariate. Infine, nel 2015, fanno un passo avanti gli accordi del protocollo di Kyoto, redatto l’11 dicembre 1997 nella città giapponese, ma entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Il protocollo di Kyoto è stato un fatto epocale, ed ha prodotto uno dei pochi trattati internazionali che vincolano tanti paesi su una materia di grande rilievo come quella del clima, che tocca interessi economici rilevantissimi. È un successo che si rinnova con l’accordo di Parigi del dicembre scorso e che manda un forte segnale politico alla comunità finanziaria e agli investitori, chiedendo di investire in maniera coerente con la rivoluzione “low-carbon” dell’economia globale. La transizione verso un nuovo modello di sviluppo, infatti, impone un ripensamento delle logiche di investimento pubbliche e private, e implica disinvestire da attività ad alte emissioni per liberare risorse a favore di attività a basse o zero emissioni. Le grandi imprese private stanno già investendo, e lo fanno con rinnovato vigore grazie alla riduzione dei costi delle tecnologie per energie rinnovabili e al supporto pubblico. Inoltre, diversi attori pubblici e privati si sono impegnati a disinvestire da attività o aziende ad alta intensità di carbonio, si pensi ad esempio al cosiddetto divestment movement 1 che
1 Il “divestment movement” è la campagna lanciata nel 2012 dagli studenti di alcune università statunitensi per chiedere all’amministrazione degli atenei di ritirare i propri investimenti in titoli
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