Dal saper come fare al saper cosa fare

Capitolo terzo

guentemente, a livello di meccanizzazione si protrarrà per gran parte del se colo con risultati alterni cui non sono estranee le caratteristiche finali della scarpa prodotta; alle diverse soluzioni proposte per cucire tomaia e suole cor rispondono vari tentativi di meccanizzare la chiodatura. Le cronache riporta no che il metodo per fissare le suole ricorrendo ai rivetti sia stato brevettato dall’americano David M. Randolph. In alternativa a tale soluzione, Sir Isambamel Prunel, a Londra, nel 1810 inventa e mette a punto una macchina per ribadire caratterizzata da “una tale velocità da apparire un prodigio a quei tempi” . Nondimeno occorre aspettare oltre mezzo secolo per plaudere alla genialità di Jan Ernst Matzeliger che nel 1883, negli Stati Uniti, ottiene il bre vetto per la macchina a montare, una soluzione tecnologica in grado di ripro durre un’abilità sino allora considerata insostituibile. All’esposizione Uni versale di Parigi nel 1888, “nella grande galleria delle macchine, il nuovo conge gno [la macchina per montare] aveva più ammiratori di quanti ne avesse la “mac china a far statue”. 2 Occorre a questo punto rilevare come per gli ammiratori italiani lo stupore si estendesse ben al di là della macchina a montare ed investisse nel suo insieme l’intero complesso della meccanizzazione della produzione calzaturiera. Ancora nel 1907 la “Conceria e Calzoleria Meccanica”, presen tando le macchine esposte da Usm nel proprio stand, ha modo di sottolineare la sorpresa dei visitatori italiani posti di fronte alla varietà e numerosità delle macchine che possono sostituire l’uomo all’interno della lavorazione delle calzature. Né può quindi sorprendere, due anni dopo, lo scoprire che la Directory of Machine House pubblicata dalla rivista americana ”American Shoemaking” include 79 produttori statunitensi, 18 britannici, 10 tedeschi e nessuna impresa italiana 3 . Le caratteristiche dello sviluppo industriale del comparto calzaturiero nazionale, il suo ritardo rispetto agli altri paesi industrializzati e la frammentarietà delle iniziative di meccanizzazione trovano ovvio riscontro nei modi e nei tempi con cui prende avvio la produzione italiana di macchine per calzature. L’assenza delle imprese nazionali dagli scenari internazionali all’inizio del ‘900 non è quindi casuale. In attesa che nasca e si sviluppi anche in Italia un’offerta di macchine, gli episodi di meccanizzazione nazionale rap presentano il risultato di viaggi all’estero compiuti da pochi imprenditori calzaturieri illuminati e dall’operare di agenti e, successivamente, rivenditori.

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